Emilie Wapnick, grazie!
Se solo tu non fossi così giovane.
Sia ben chiaro, non ho proprio nulla contro i giovani. Il problema è che Emilie è nata troppo tardi. Troppo tardi per me. Troppo tardi per provocare quel cambiamento totale nella mia vita. Se solo l’avessi conosciuta cinquanta anni fa.
Cinquanta anni fa avevo 19 anni, frequentavo l’università ed ero bloccata in una sorta di limbo. Studiare mi piaceva e molto, ma non era abbastanza. Ero innamoratissima del ragazzo che presto, inaspettatamente, anzi prestissimo, sarebbe diventato mio marito. Facevo tanti lavori diversi, per non chiedere altri soldi ai miei genitori, e ancora non sapevo che quello sarebbe stato per sempre il mio stile di vita. L’unica cosa che avevo capito era che vivere “a modo mio” era un problema. Qualcuno mi definiva esuberante. Altri che ero incostante. Altri ancora semplicemente rinunciarono a capirmi. Tempo fa udii, per sbaglio, qualcuno dire di me “non ne avrà mai abbastanza”. È vero, aveva ragione. Non mi basterà mai quello che la vita può darmi.
Quando sono riuscita a vivere “a modo mio”, quando cioè nessuno stava lì a giudicare, ed ero libera di fare tutto quello che volevo, la mia vita era piena di risultati. Mia suocera mi ricordava spesso il glorioso 1976: ero madre di due bimbi, una di tre anni e l’altro di un anno. Superai brillantemente tutti gli esami universitari di quell’anno. Presi la patente e guadagnavo con traduzioni e lavori a maglia (sì, lavori a maglia!). Tutto portato a termine, perché vivevo “a modo mio”. Non posso proprio realizzare un solo progetto alla volta. Uno alla volta è depressione. Ho bisogno di progetti i multipli.
La mia vita non è certo noiosa. Non so quanti lavori diversi, quante esperienze ho vissuto, e sperimento tuttora. Ma avevo ed ho sempre il retropensiero che non sono del tutto “normale”, qualsiasi cosa questo significa. In passato quando mi chiedevano “Lei cosa fa?” rimanevo lì bloccata e poi cominciavo a balbettare “eeehh… casalinga? Madre? Faccio traduzioni, e insegno anche. Amo leggere!”. Dopo circa due decenni di queste farneticazioni iniziai a rispondere “Faccio Patrizia”. Lo ammetto, non era per niente una bella presentazione.
Dieci anni fa, decisi di concentrarmi su una sola delle mie occupazioni, e lasciare che le altre mi girassero intorno come moscerini, che a volte mi restavano incollati addosso per un po’ di tempo, ma che altre volte, invece, sparivano per un breve o lungo periodo.
Oggi se mi fanno la stessa domanda, rispondo sicura “sono un’insegnate, insegno inglese.” Tutto il resto lo tengo per me.
Cosa c’entra Emilie Wapnick con tutto questo? È lei che ha dato un nome a quello che sono. Io sono una MULTIPOTENZIALE.
Dopo aver visto il suo video su Ted Talks, avevo quasi voglia di piangere; invece, mi sono messa a ridere e saltare in una danza di gioia pura. Finalmente e semplicemente, non sono strana, io ho “un cablaggio diverso” e ci sono tante altre persone come me. C’è una parola MULTIPOTENZIALE che definisce la maniera in cui vivo.
Posso finalmente dire sono italiana. Sono bilingue. Sono madre. Sono una MULTIPOTENZIALE.
Dopo il video, Emilie ha scritto un libro prezioso: How To Be Everything. A guide for those who (still) don’t know what they want to be when they grow up by Emilie Wapnick – published by HarperOne.
Versione in italiano “Diventa chi sei: una pratica guida per persone creative che hanno molteplici passioni ed interessi” di Emilie Wapnick.
Questo titolo italiano proprio non mi piace, e per quelli di voi che non conoscono l’inglese traduco il titolo originale “a modo mio”:
“Come diventare tutto. Una guida per quelli che (ancora) non sanno cosa fare da grandi.”
Emilie ha anche creato una comunità online Puttylike.com
Bene, cara Emilie non ti è stato possibile cambiare tutta la mia vita, ma di sicuro sei riuscita a rasserenare questi anni più maturi.
Bravissima, e grazie, ancora ed ancora.

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