
Ti racconto qualcosa di me:
The Presumptuous Dreamer
Sperimentare il cambiamento
Non è trascorso neppure un anno da quando ho dato vita a questo blog e rileggendo la vecchia home page, mi sono resa conto di quanto tutto sia cambiato. Quello che scrivevo sei mesi fa è fermamente nel passato. Il Covid è ancora tra noi, ma è cambiato anch’esso. Era un mostro terrificante che ha capovolto la mia vita al punto che ho imparato a conviverci. I miei progetti e le mie ambizioni solide come una roccia ora vanno a riempire tutti gli spazi come fanno i liquidi, cosa in fondo non del tutto negativa. Voglio ancora raccontare storie. Voglio ancora fare da ponte alle due culture e le due lingue che mi abitano. La destinazione è la stessa, ma il percorso è mutato:
Entrando nel parco se guardi a destra, limitato da un sentiero che corre lungo il muro di cinta, e a sinistra da una fitta barriera di cespugli e alberi, c’è un prato che si inerpica fino a sparire quando raggiunge la pineta. L’ombra dei pini secolari non permette al tappeto verde di andare oltre.A un passo dalla barriera verde, c’è un secondo sentiero, nato dal passaggio di uomini e animali che per loro motivi pensavano di velocizzare così la salita o la discesa. Sembra una linea tracciata parallela ai due confini verticali, per interrompere quel perfetto rettangolo verde. La routine che nasce da azioni ripetute, mi ha fatto sempre percorrere in salita il sentiero predisposto accanto al muro e, al ritorno, il sentiero segnato dai passi di uomini e animali.
Un pomeriggio, mi trovavo sulla cima, sotto i pini, sulla via del ritorno, e guardavo dall’alto le onde di diverso verde che la brezza dipingeva con l’erba alta. Mi sono chiesta perché non avevo mai percorso il prato in diagonale, o a zig, zag. Non era vietato camminare sul prato, né lì né altrove nella Villa. Era sempre piena di persone che giocavano, banchettavano o si allenavano nel verde. Perché allora il solo pensiero di cambiare strada mi inquietava tanto? Avevo quasi paura. Che sciocchezza! Era solo un prato e una strada mai percorsa. In piena luce, senza ostacoli ne impedimenti, e allora?
Con i battiti del cuore che acceleravano ho affondato nell’erba il primo piede, che è sparito immediatamente fino alla caviglia. Poi il secondo mentre impostavo mentalmente il percorso diagonale che mi avrebbe portato al cancello principale, da cui ero entrata.
Sentivo tutta la ridicolaggine del dover trovare coraggio per alzare e riabbassare i piedi nell’erba. Non sapevo cosa calpestassi e non potevo vedere cosa si nascondeva più avanti. Una esplorazione? Emozioni esagerate! Reazioni fisiche di un corpo lasciato a sé stesso che non capisce cosa gli viene richiesto. Una mente senza paletti.
Io vivo il cambiamento così.
Un’impresa difficile, troppo spesso impossibile che invece voglio imparare a fare mia in questo mondo che va avanti veloce, che ha deciso di stupirmi molto più di quanto avessi immaginato possibile: prima con lo shock di una pandemia mondiale che sa di Medioevo, ora con una guerra, come nel secolo scorso. Il 1900 è un secolo che si vuole estendere oltre i cento anni. E ancora sullo sfondo come ignorare questo pianeta che si agita e percuote per liberarsi di noi come un cane fa con le pulci?
Il 2000 che immaginavo arriverà! Ma quando?
Cambiare anche a costo di sbagliare è quello che posso fare per creare spazio al futuro. Lasciare andare il passato mi sembra sano. Guardandomi intorno vedo che tutto è fermo da troppo tempo, eccetto la tecnologia.
Voglio provare a camminare ogni giorno nell’erba alta e stare a vedere cosa succede. Vi va di venire con me?
© Photo copyright Patrizia Verrecchia. All rights reserved.
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