Tua Infedele…
quale lingua
“L’hai letto questo libro?” Mio marito mi mostra lo schermo del suo e-reader.
“Ah si! Abbiamo anche il cartaceo nella libreria, scaffale a sinistra terzo ripiano dal basso. L’ho comperato tempo fa ma non mi ha preso per niente, non sono riuscita ad andare avanti”
“Mi succede la stessa cosa”.
Parlavamo di un libro che avevamo cercato di leggere entrambi, in italiano . Era stato un bestseller in tutto il mondo. Mio marito aveva le mie stesse perplessità, cosa che mi fece pensare che forse c’era un problema con la versione italiana, più che con la storia stessa. Lo acquistai di nuovo per il mio e-reader, ma in inglese, e per tre giorni il libro mi ha portato via. Non riuscivo a posarlo. Ho bruciato una cena, perché lo leggevo anche mentre cucinavo. Ho dovuto rimediare ad altri piccoli disastri domestici, perché ero lontana, in quel mondo creato dall’autore. Questo è quanto mi accade quando un libro mi cattura totalmente.
Il libro era stato scritto in francese. Ho studiato il francese per molti anni, nessun paragone con come conosco l’italiano e l’inglese, ma lo leggo e capisco bene. Ho trovato un estratto PDF online e l’ho letto. Posso dire che penso che la versione inglese sia la migliore. Il traduttore inglese Robert Slade ha dato una bella spinta al racconto. Il risultato ottenuto potrebbe anche solo essere dovuto al ritmo del libro, che è affine alla musicalità della lingua inglese. Potrebbe anche essere che la mia anima inglese è rimasta più coinvolta della mia anima italiana, e potrei andare avanti ancora per molto con i “potrebbe essere”. Questo è quello che succede con le traduzioni: si incontrano una serie infinita di possibilità che possono essere colte o mancate.
per conto di
A mio parere, tradurre è creatività che devi possedere e capacità che devi imparare. Ho fatto questo lavoro, ma mai per editori. La mia prima esperienza quando ero molto giovane e non sapevo nulla sul tradurre, è stata la traduzione di due libri su De Chirico. Ricordo le centinaia e centinaia di pagine. il lavoro mi era stato affidato da uno storico dell’arte che stava scrivendo un libro su De Chirico. Voleva una traduzione approssimativa, per conoscere il contenuto: niente che andasse vicino a una traduzione da pubblicare. Da allora, ho tradotto per studenti che preparavano la tesi, per uomini e donne d’affari e ancora per qualche scrittore. Diciamo che ho letto e tradotto per conto dei miei clienti che facevano parte di quella generazione che non aveva studiato l’inglese. Contemporaneamente,tuttavia, insegnavo l’inglese alla generazione successiva di italiani, così non avrebbero più avuto bisogno di me.
a modo mio, a modo nostro
In quaranta e più anni, ho avuto tutto il tempo di maturare una mia idea di cosa è tradurre. Solo per caso è la stessa di Fabrizio De Andrè. Un grande poeta, un cantante ispirato, un genio. Con umiltà e infinita stima, vi riporto le sue parole.
“Queste due canzoni erano due traduzioni da un mio collega canadese. Si chiama Leonardo Cohen, probabilmente qualcuno di voi lo conosce. A me sembra ed è sempre sembrato opportuno, quando non si è abbastanza in vena, quando un autore non è abbastanza in vena per assumersi in proprio, la responsabilità e l’onere di un’opera sua che, si metta a fare delle traduzioni. Si raggiungono nell’immediato due scopi precisi: quello di esercitarsi, e quello di dimostrarsi anche soggettivamente umili. Io credo che ci sia bisogno di umiltà, qualsiasi mestiere si scelga di fare nella propria vita. Si può anche poi raggiungere uno scopo più importante: quello di essere utile a tutti divulgando quel poco o quel molto di poesia o di cultura che esiste in alcune canzoni, di alcuni nostri colleghi, che si esprimono in lingue diverse dalla nostra. Ognuno ha il suo modo di tradurre. Io naturalmente ho il mio, di solito non bado molto alla letteralità della traduzione, anzi direi che me ne fotto proprio. Addirittura, certe volte elido, e mi interessa di più entrare nello spirito della canzone e attraverso la canzone, magari, se ci riesco, entrare addirittura nello spirito e nella forma mentale della persona, dell’autore che l’ha scritta. Confortato, in questo senso, da quanto diceva, il nostro forse maggiore critico letterario, del Novecento, Benedetto Croce, che distingueva le traduzioni in due categorie: quelle brutte e fedeli e quelle belle e infedeli… e io difronte a quello che personalmente e modestamente reputo essere il bello, sono disposto a qualsiasi tipo di infedeltà. (…)
(trascritto da Patrizia Verrecchia da: Parlato “Le traduzioni-live Tour” In Teatro -In concerto 1992/1993 Fabrizio De Andrè minuti 2.27/2.53).

In foto: copertina del volume “Fabrizio De André. Una goccia di splendore” a cura di Guido Harari, Rizzoli. Patrizia Verrecchia©
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